Relazioni interpersonali e ansia sociale

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 24 novembre 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La cultura che ispirava la riflessione e la ricerca in psicopatologia durante il Novecento aveva due grandi riferimenti, costituiti dalle teorie psicodinamiche e dall’approccio fenomenologico. Le prime focalizzavano l’interesse sui processi della psiche inconscia sottostanti le dinamiche individuali e relazionali, il secondo tendeva ad esercitare le interpretazioni intuitive unicamente in rapporto al vissuto intrapsichico cosciente e alla fenomenica comportamentale oggettivabile. Se si può riconoscere un limite nel tendere all’interpretazione di un sentimento nella chiave di dinamiche pregresse non coscienti o di stati di coscienza generati dall’esperienza attuale, non si può negare che entrambi questi paradigmi cogliessero alcuni degli aspetti più profondi della dimensione umana di ciascuno.

Uno sviluppo importante della ricerca psicologica attuale ci porta, invece, sempre più vicini ai paradigmi della sperimentazione animale, secondo un procedimento che sicuramente accresce il rigore scientifico formale dei metodi di indagine – che per questa ragione producono dati più facilmente analizzabili e comparabili – ma si sviluppa, a mio avviso, in una dimensione enormemente più superficiale. Le qualità e i valori del vissuto scompaiono o sono ridotti alla quantificazione che li misura nei punteggi dei test: escluse le forme dell’ideazione e della percezione che corrispondono a profili patologici, gran parte dell’esperienza umana è ridotta a comportamento, spesso cimentato con parametri di stime sociologiche, quali la generica soddisfazione esistenziale.

Un esempio di questo tipo di approccio psicologico l’ho trovato in uno studio, attendibile per metodo, utilmente informativo per la significatività del campione e la correttezza metodologica, ma, a mio giudizio, deludente per gli effettivi contenuti dei risultati.

(Juretic J., Quality of close relationship and emotional regulation regarding social anxiety. Psychiatria Danubina 30 (4): 441-451, 2018).

La provenienza dell’autore è la seguente: Faculty of Humanities and Social Sciences, Department of Psychology, University of Rijeka, Rijeka (Croazia).

Il fine principale dello studio di Juretic consiste nel proporre nuovi modelli per la comprensione del rapporto tra l’ansia sociale, da un canto, e l’esperienza di emozioni positive e negative e la generale soddisfazione della vita, dall’altro. L’obiettivo principale è consistito nell’esplorare i ruoli di diversi tipi di rapporti stretti in questi modelli.

Il campione esaminato era costituito da 521 studentesse dell’Università di Rijeka e dell’Università di Pula, di età media 21.21 anni.

Le ragazze sono state sottoposte ai seguenti test: Big Five Inventory, Beck Depression Inventory – II, Social Interaction Anxiety Scale, Social Phobia Scale, Emotion Regulation Questionnaire, Attitudes Towards Emotional Expressing Questionnaire, Positive and Negative Affect Schedule – Expanded Form, Satisfaction with Life Scale, Quality of Relationship Inventory and Friendship Quality Questionnaire. I risultati sono stati elaborati impiegando il programma LISREL 8.

Sono stati cimentati due modelli. Il primo modello includeva il rapporto fra entrambi i tipi di paura sociale, credenze circa l’espressione delle emozioni, la soppressione emotiva, la qualità delle relazioni di coppia (cosiddetti rapporti romantici), la frequenza nell’esperire emozioni positive e negative, e il grado di soddisfazione della vita. Il secondo modello includeva la qualità dell’amicizia, invece della qualità sentimentale del rapporto di coppia. Entrambi i modelli sono risultati accettabili e in grado di rivelare il potente ruolo della cognizione in tutte le condizioni analizzate. Questo è il risultato – secondo Juretic – delle convinzioni circa gli effetti dell’espressione delle emozioni su altre variabili, e conferma anche il ruolo di mediazione che tali credenze hanno sull’ansia sociale e sulla soppressione emozionale. I modelli testati mostrano l’importanza del tipo di relazione affettiva stretta (amicizia o amore di coppia).

Secondo l’autore, il valore di questo studio consiste nella sua capacità di proporre una più dettagliata conoscenza nel complesso rapporto tra ansia sociale ed esperienza delle emozioni, così come della qualità della vita in generale[1]; questo è stato possibile – secondo Juric – in quanto i modelli impiegati hanno “catturato” una parte dei meccanismi che hanno rilievo in tali rapporti.

Un pregio di questo genere di studi consiste nel fornire un profilo di informazione prossimo a quello che si ottiene dall’osservazione comportamentale nella ricerca animale; una tale struttura dei risultati rende comparabili gli stati psichici umani agli stati cerebrali dei roditori, sui quali si basano le imprescindibili fasi iniziali della ricerca farmacologica finalizzata alla sintesi di nuovi psicofarmaci.

Ma è lecito chiedersi: cosa colgono queste procedure delle persone reali con la loro capacità creatrice e distruttiva, con le loro risorse, latenti e spesso ignote a sé stessi, di cambiamento e guarigione? Era superflua la raccolta anamnestica narrativa della psichiatria classica? È inutile studiare la personalità nel rapporto interpersonale e attraverso l’identificazione empatica? E, infine, per capire che l’amicizia crei una condizione affettiva diversa dall’amore di coppia e rilevare che le convinzioni personali e la cognizione influiscono sulle reazioni emotive – cosa già nota ai filosofi della Grecia antica e studiata in psichiatria per oltre un secolo – è davvero necessario allestire studi su centinaia di persone, sottoponendole a migliaia di domande?

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-24 novembre 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Alla revisione del mio manoscritto di recensione è stata sollevata un’obiezione – che riporto perché condivido – circa la stima di qualità della vita, qui intesa secondo il criterio degli indicatori sociologici impiegati per fini economici e politici, da parte di un campione omogeneo di universitarie ventenni. Va da sé che a quell’età la famiglia, lo studio, i rapporti di amicizia e sentimentali costituiscono riferimenti quasi assoluti, dai quali dipende largamente il giudizio sulla qualità della vita.